Ieri i miei figli hanno partecipato al centro estivo della scuola elementare del quartiere dove stiamo vivendo qui a Valencia. Da qualche giorno vedevamo i bambini giocare dentro questo enorme cortile. Giocavano con le pistole ad acqua, giocavano a calcio, a basket. Così li ho iscritti. Prima però ho voluto parlare col preside della scuola per chiarire la situazione poiché non mi è mai facile entrare in un contesto nuovo.
Sono andata in segreteria e il preside, un ragazzo sui 40, mi ha accolto senza grossi cerimoniali. L’ho salutato e dall’altro lato del vetro gli ho iniziato a esporre la situazione:
“mio figlio ha 9 anni ed è biologicamente maschio. Si definisce maschio, ma tutto ciò che fa e come si veste è da femmina e, in effetti, all’apparenza è una femmina in tutto e per tutto e crea un po’ di confusione….ma, sa… lui stesso non sa ancora bene….”
Dicevo tutto questo un po’ balbettando perché non sapevo bene quale fosse il principio e la fine del discorso.
Il preside però mi interrompe e mi dice.
“espera un momento” (aspetta un momento)
“vale” ok
In un secondo prende e mi nostra quattro o cinque fogli A4 stampati e attaccati con una graffetta che teneva lì a portata di mano.
Mi dice: “Su hijo aquì està protegido!” suo figlio qui è protetto.
Io non riesco a dire una parola e lui continua
“Vedi? Questa è la legge. I bambini come il tuo sono protetti dalla nostra legge. Possono esprimersi come meglio sentono. Possono usare il bagno che vogliono e anche gli spogliatoi. Possono vestirsi come desiderano e nessuno deve dire nulla al riguardo”
Io incredula dico ” Sì però sai…una cosa sono le leggi e un’altra la loro applicazione e il loro rispetto”
“Be’, in quanto alla loro applicazione, da parte nostra come istituzione scolastica è assolutamente garantita. In quanto al loro rispetto….se qualche genitore dovesse dire qualcosa, vorrebbe dire che non conosce la legge e in quel caso noi gliela insegniamo!”
Io rimango in silenzio un’altra volta. E come un cretina chiedo di nuovo:
“può davvero fare ciò che sente? Usare il bagno che vuole? Cambiarsi nello spogliatoio delle bambine?”
“Claro que sì! Te dijo: tu hijo està protegido!”
Certo! Te l’ho detto: tuo figlio è protetto.
MIO FIGLIO E’ PROTETTO!
Io sono stata solo in grado di dire grazie e di uscire e scoppiare a piangere.
Quando sono andata a prenderli all’uscita mi sono venuti incontro tutti felici.
“Mamma, sono andato tranquillamente nel bagno delle femmine! E tutti i maestri hanno detto che mi chiamo Lori e nessuno mi ha chiesto nulla. Abbiamo solo giocato”
Hanno solo giocato!
Ci vuole tanto poco a rispettare il prossimo e farlo felice!
5 thoughts on “tu hijo està protegido!”
È semplicemente fantastico!
É da un po’ che ti seguo, anche se non avevo mai lasciato traccia nei commenti.
Sono 9 anni que vivo in Spagna ed é vero que la Spagna é avanti in certe cose, il fatto di non avere il Vaticano cosí vicino aiuta 🙂
Ti lascio questo documentario (http://www.rtve.es/alacarta/videos/documentos-tv/documentos-tv-sexo-sentido/2616594/), forse l’hai giá visto. L’ho visto quando ero incinta del mio primo figlio per prepararmi ad essere una mamma che ascolta, sostiene e accompagna con amore e rispetto, una mamma come te.
e molti di noi che hanno sempre pensato, in passato, alla Spagna come paese arretrato ?
Te lo aspetti più in Svezia che in Spagna! Un giorno anche l’Italia sarà pronta… e forse grazie ai tuoi sforzi!
Cara Camilla,
mi sono imbattuta nel tuo intervento di oggi su Radio 24; l’ho trovato molto stimolante e ho voluto approfondire la conoscenza dell’argomento passando proprio sul tuo blog.
Sono un’educatrice e mi trovo sempre più spesso a combattere nel mare degli stereotipi legati all’identità di genere: la tua esperienza porta uno sguardo sulla questione che va ad allargare la riflessione su questo tema, per il quale anche noi professionisti impegnati nel mondo del sociale sentiamo l’esigenza di trovare risposte o quanto meno una maggiore conoscenza, in quanto la formazione (ahimè) su certe questioni scarseggia o non riscuote il consenso della maggioranza. La diversità di genere è un tema che, nella mia esperienza universitaria (e parlo di non piú di 10 anni fa) é stato trattato secondo canoni che già allora non rispecchiavano il sentire comune e non offrivano spunti di riflessione concreti:
“Ci sono i transgender”. Punto.
“L’identità di genere può essere il risultato del contesto culturale”. Punto.
Poi nel mondo del lavoro ci siamo scontrati all’improvviso, senza armi nè scudi, contro le più ignoranti forme di omofobia e pratiche improntate al bullismo fin dalle scuole primarie, dove tu adulto, ti stupisci di quanto siano già radicati certi pensieri che a 7 anni spingono bambini (e bambine) a ridere del compagno perchè sta usando un pastello rosa. “Ma cosa sei, gay?”
Ti scrivo perchè volevo condividere il mio pensiero con te: serve più in- formazione. Serve che non solo gli studiosi (senza niente togliere loro!) ma anche chi vive e tocca con mano queste esperienze tocchi le mani di altri: famiglie, singoli, insegnanti, educatori… perchè anche io ho bisogno di rispondere in qualche modo alla rabbia che mi attraversa quando sento certe frasi. Alle quali fin’ora ho solo saputo rispondere senza rendere un perchè. Un perchè che spesso, quando si è ancora piccoli, viene proprio cercato tra le righe di quel “sei gay?”
” Io ho diversi amici omosessuali. Gli voglio bene. Quando tu dici “gay” o “frocio” in quel modo a qualcuno, offendi i miei amici e offendi me”.
Beh, ecco. Io molte volte rispondo così. Mi piacerebbe che qualcuno mi insegnasse non solo a difendere, ma anche a dar ragione di ciò che credo sia giusto o semplicemente umano.
Grazie per la piccola lezione che mi ha dato questa tua testimonianza.
Elena