Sempre più spesso sentiamo parlare di detransizione e sempre più spesso racconti di detransizione vengono usati per impedire i percorsi di affermazione soprattutto per le persone più giovani. Ma qual è la verità sulla detransizione?
Bisognerebbe innanzitutto capire che cosa vuol dire “detransizionare”.
È ancora abbastanza socialmente ignoto che cosa voglia dire fare una transizione di genere per cui quando si sente parlare di detransizione si tende immediatamente a pensare di comprendere meglio: “quella data persona è ‘tornata’ nel genere assegnato alla nascita’; “quella data persona si è pentita”; “quella persona ‘aveva compiuto una scelta sbagliata` probabilmente spinta dalla moda del momento”.
Una persona transgender di qualsiasi età non smette di essere una persona transgender né prima né dopo la transizione. Avere un ‘buon passing’ – cioè assomigliare esteticamente a come la società pensa che debba essere una persona cisgender – non la esime dal vivere ogni singolo giorno in una società in cui è e resterà sempre parte di una minoranza.
Nella società odierna appartenere a una minoranza vuol dire non poter mai abbassare la guardia.
Una persona transgender non smetterà mai di domandarsi:
- se la persona che ha di fronte è una persona di cui potersi fidare
- se al lavoro verrà discriminata
- se le verrà affittato un appartamento
- se riuscirà a cambiare i documenti
- se la sua famiglia la riaccoglierà
- se resterà sola tutta la vita
- se il proprio governo varerà una legge che la aiuterà a sentirsi al sicuro
- se riuscirà ad avere un figlio o una figlia
- se
- se
- se
Tutto questo è sfinente e lede i diritti umani.
Purtroppo per quanto sia assolutamente vero che non vi è alcuna differenza tra l’essere cisgender e l’essere transgender in termini di esistenza umana, l’esistenza sociale della persone transgender è costellata di difficoltà: ecco perché può capitare che una persona non ce la faccia ad affrontare tutto.
Le persone che “detransizionano”, come riferito dai centri di affermazione di genere del mondo, sono spesso quelle che semplicemente smettono, per i motivi più svariati, di presentarsi al centro di affermazione di genere o che sospendono la terapia ormonale (circa l’1% delle migliaia di persone che affrontano una transizione). Questo non vuol dire affatto non essere più una persona transgender: vuol dire, nella maggior parte dei casi, che la società fino all’ultimo istante è colpevole di non saper accogliere ogni persona per ciò che è rendendole la vita talmente difficile da preferire rinunciare a se stessi piuttosto che vivere in difficoltà perenne.
È cosa GRAVISSIMA che anche la ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità qualche giorno fa abbia affrontato l’argomento con tanta superficialità attraverso un post sui social.
Il post della Ministra su Facebook, che usa la storia di Chris Beck per non sostenere l’affermazione di genere, finisce scrivendo: “…Ma finché parlano gli ideologi è un conto, quando invece a metterci la faccia sono coloro che ci sono passati, la questione cambia. E bisogna prestare ascolto. Lasciando in pace i minori, possibilmente”.
Mi domando: come mai la “faccia” di POCHISSIME persone NEL MONDO che, per i motivi più disparati, decidono di rendere pubblico un percorso in un cui a un certo punto decidono di tornare sui loro passi vale di più di migliaia di storie, studi, facce che invece raccontano il contrario?
La Ministra pensa di non fare ideologia perché dice “finché parlano gli ideologi”. È un po’ come i movimenti pro-vita che per ricevere consensi fanno finta di non essere movimenti pro-vita. Pensate alla subdola strategia che esiste in un atteggiamento del genere da parte di tali gruppi: sapere di essere talmente poco intellettualmente onesti da dover far finta di non essere chi si è per trovare chi ti crede!
Al di là delle polemiche spicciole, io invito la Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità a informarsi meglio non seguendo le fake news, ma quelle messe a disposizione per esempio dal nostro Sistema Sanitario Nazionale. E se invece vuole credere alle storie della gente – cosa che apprezzo – credo che se fanno fede una, due o tre facce di persone che danno una versione differente della storia, a maggior ragione dovrebbero farlo le migliaia che affermano una storia reale, vera e molto più comune di quanto non si creda . La invito infine a prestare ascolto proprio a quei minori che dice possibilmente di lasciare in pace per capire che “lasciarli in pace” vuol dire esattamente il contrario di quanto si vuol far credere.
5 thoughts on “Parliamo di detransizione”
Apprezzo molto questo articolo che non lascia spazio all’ipocrisia del sistema in cui viviamo.
E ringrazio per l’insistenza della voce e dell’impegno.
Condivido profondamente e condivido sui social nella speranza che qualche coraggioso lègga fino in fondo.
Mi sembra che voi stiano praticamente negando i problemi raccontate dalle persone detransizionate: che siano perché a un certo punto hanno avuto paura di continuare per i movito sopradetti, che sia perché invece si sono accorte di aver intrepreso un percorso in cui forse non dovevano essere indirizzate con tanta arroganza dagli arrivisti trangender. Insomma pretendete rispetto per le vostre esperienze personali, ma lo negate alle persone che non suonano la vostra sinfonia.
Non è questa la questione. Se si parla di singole esperienze personali ognuna merita rispetto. Se alcune singole esperienze devono condizionare la vita di centinaia di altre, perché questa è il rapporto tra persone che transizionano e persone che ri-transizionano, allora no. Sarebbe come dire che perché una persona è allergica alle fragole allora togliamo le fragole dal mercato perché le fragole fanno male. Poi certo le persone che ritransizionano – che ricordiamo essere il 3% del totale e di questo 3% più della metà sospende semplicemente i trattamenti ormonali, senza ritornare al genere assegnato alla nascita – fanno comodo alle istanze di chi nega l’esistenza delle persone trans soprattutto in tenera età. Ma questo è appunto un altro discorso.
La transazione di genere è una cosa molto pericolosa, bisognerebbe prima di ogni cosa esaminare e scoprire cosa ha portato quella persona ad odiare così tanto il suo corpo da volerlo stravolgere. E’ ignobile da parte di chi ha scritto quest articolo non fare menzione dei rischi della transizione, dei problemi psichici connessi alla disforia di genere che è sempre il sintomo di un malessere più profondo e soprattutto è ignobile che si mettano le mani addosso ad un bambino di 7/8/10 anni che non sa distinguere la destra dalla sinistra o ad un ragazzino adolescente che vive una destabilizzazione propria della sua età evolutiva; soggetti fragili che non hanno idea di cosa significhi e quali conseguenze possa portare la transizione! Vi dovete solo vergognare! State rovinando un generazione! Stare toccando i più fragili, vittime di esperimenti sociali devastanti! Vergogna! Vergogna! State diffondendo questa ideologia della fluidità attaccando i bambini, destabilizzandoli e accusate di trans fobia e omofobia chi osa dire che tutto questo è una pazzia! Generazione Z amate il vostro corpo! E’ meraviglioso vivere in armonia con il proprio sesso biologico, solo così potrete vivere una sessualità soddisfacente! Non fate toccare i vostri corpi! Amatevi e se state male, toccate le vostre menti ma non deturpate il vostro meraviglioso corpo
Guardi Elisabetta, già il fatto che lei parli di mettere le mani addosso a bambini e bambine di 7/8/10 anni dimostra la sua profondissima non conoscenza dell’argomento. Chi non conosce le realtà. le pratiche, le conseguenze, gli studi è lei e secondo me nel 2024 sarebbe il caso che iniziasse a studiare un po’, ma anche solo leggere le sarebbe di aiuto.