Sono rimasta sconvolta e anche un po’ allibita la prima volta che ho sentito dire che la disforia di genere è l’unica malattia psichiatrica che si cura con la chirurgia! Mi sono davvero spaventata. Nel caso che mio figlio crescendo avesse confermato questa sua ‘propensione’ verso il femminile vedevo davanti a me anni di sofferenze, di interventi, di insicurezza. Ricordo che, quando mi fu detto, chiesi alla chirurga se non fosse possibile che una persona transessuale volesse non effettuare l’operazione finale (mi basavo sul fatto che per esempio mio figlio non ha mai odiato il suo pisello né ha con lui un brutto rapporto). Ricordo che la dottoressa scosse la testa, sorrise e mi disse ‘No! Per queste persone è talmente importante liberarsi di tutto ciò che li lega al loro sesso biologico che finché non si operano non sono felici!’
Questo non lasciava scampo e non offriva grosse opzioni nel futuro. Così era meglio non pensarci per non essere colti dall’ansia.
Sono passati un po’ di anni da allora e, più mi addentro nell’argomento e più mi confronto con altri paesi, più mi accorgo che, con la crescente presa di coscienza dell’esistenza di una identità di genere varia e la conseguente approvazione di leggi che tutelano la persona trans da tutti i punti di vista, e meno queste persone sentono l’esigenza di compiere una trasformazione completa che finisca con l’operazione. I dubbi quindi secondo me sorgono spontanei: quanto il rifiuto del proprio corpo dipende dal fatto che la gente non ci accetta finché ‘ibridi’ e quanto è una necessità personale? Certo generalizzare non è giusto in nessun senso né dicendo che tutti vogliono una operazione né che nessuno la vuole.
Ovvio che molte persone transgender se avessero potuto scegliere di che sesso nascere avrebbero scelto quello in cui si identificano. Molti paesi concedono il cambio anagrafico alle persone trans in giovane età regalando loro la cosa più preziosa che è, a mio avviso, l’anonimato. Per anonimato intendo il riconoscimento della tua identità di genere vera e la corrispondenza tra il sesso a cui ci sentiamo di appartenere e a cui spesso rimandiamo con la nostra apparenza e quella stupidissima x su M o F con relativo nome concordante sui documenti. Quindi si diventa “anonimi”, persone come tutti (molto meglio di molti secondo me, ma non posso dirlo troppo forte), non si dà nell’occhio. Quando questo viene concesso tutto diventa più semplice e spesso passa anche la voglia di sottoporsi a interventi totalmente invasivi. Questo credo sia rappresentato molto bene in quei paesi accoglienti e protettivi come per esempio Spagna o Svezia, in cui tutto sommato non interessa dover per forza rimanere nel sistema binario, ma si comprende che è l’individuo che conta e le caratteristiche che lo rendono speciale esulano da cosa sta tra le loro gambe.
Trovo questo fissarsi sulla “biologia e morfologia genitale” di un individuo un totale atto di invadenza globale autorizzata!
Pensate come vi sentireste voi se in ogni dove vi chiedessero come sono fatti i vostri organi genitali. E poi, in base a come sono, decidessero (gli altri) come dovete apparire fuori! Follia pura. Noi donne ci sentiamo già molto scocciate se uno ci guarda il sedere e/o fa mezzo apprezzamento. Chi ci dice che se abbiamo a che fare con una persona transgender tutto sia autorizzato? Ma soprattutto: che ce ne frega? Non abbiamo cose più importanti a cui pensare?
Qualche giorno fa io e i miei figli ‘facevamo finta’ di fare jogging al Rio Turia qui a Velencia e la sera mia figlio mi ha detto: ‘mamma oggi al fiume c’era una ragazza coi capelli viola, le ciglia viola e il pizzetto viola che correva anche lei’ In lui non si leggeva critica né curiosità ma solo profumo di libertà.
Ecco per me questo è quello che si chiama un successo: trovarsi davanti a un bambino di 9 anni che concorda perfettamente il genere (ragazza) nonostante ci fosse un pizzetto e non ti chiede nemmeno perché fosse così ma ti dice solo che faceva jogging con noi e COME noi. ( Anzi no, lei lo faceva davvero)
In una cosa hanno ragione quelli di destra, quelli del popolo della famiglia e del movimento pro life: la libertà è contagiosa! Quando la annusi, ti entra nel corpo, la senti sulla pelle non puoi più farne a meno e non perché sia una malattia ma perché è un diritto che nessuno deve toglierti.
One thought on “Quel profumo inconfondibile di libertà”
Cara Camilla, come sai ti seguo da tempo. Concordo con tutto quello che hai scritto: è anche la mia battaglia di tutti i giorni. Come sai sono una donna transgender e sto bene con il mio corpo così come è!
Non so quanto tempo fa hai incontrato quella dottoressa che scosse la testa, sorrise e ti disse che per le persone transgender è “talmente importante liberarsi di tutto ciò che li lega al loro sesso biologico che finché non si operano non sono felici”, ma ti posso assicurare che non è sempre vero, che non è più vero. Infatti di persone come me che stanno bene con il proprio sesso “di partenza” e non sentono tutta questa smania di operarsi ce ne sono parecchie, per cui direi di non preoccuparti più di tanto. Tua figlia saprà i modi e i tempi per decidere quello che sarà da grande. Capisco le tue preoccupazioni ma volevo solo che si sapesse che a volte certi dottori possono anche sbagliare perchè devono sottostare a protocolli che magari (anzi sicuramente) sono obsoleti.
Spero che questo possa essere d’aiuto alle tue riflessioni ed alle persone che ti seguono. Grazie