Cara Camilla, buongiorno!
Mi chiamo Lavinia e ho appena compiuto 18 anni. Sono una ragazza AMAB, cioè alla nascita mi hanno assegnato il genere maschile.
Questo avvenimento che sto per raccontarvi è accaduto all’incirca un anno fa nella mia scuola. Stavo iniziando a piccoli passi la “transizione” (per quanto potessi, in mancanza di ormoni) verso il genere femminile. Ero in terza superiore e usare spogliatoi e bagni scolastici mi recava, e reca tutt’oggi, un grande disagio. Parlai con la professoressa di educazione fisica, spiegandole come io, per vari motivi, mi sentissi in imbarazzo ad utilizzare lo spogliatoio maschile, e lei mi disse che avrei potuto utilizzare quello femminile a patto che non ci fosse stato nessuno all’interno. Passarono due o tre mesi e a scuola ci fu un atto di vandalismo. Era stato qualcuno tra la mia classe ed un’altra così riunirono le due classi (durante l’ora di ginnastica) per discuterne. Io ero andata come mia consuetudine a cambiarmi nello spogliatoio femminile (in uno dei bagni) accompagnata da una mia amica che mi aspettava fuori. Appena uscita dal bagno la mia amica mi disse che doveva cambiarsi anche lei, quindi l’aspettai su una delle sedie dello spogliatoio. Entrò una professoressa (la docente dell’altra classe) chiedendo se ci fosse qualcuno, perché dovevano fare un “discorso”. Ancor prima che potessi rispondere arrivò la mia docente e cominciò a dire cose come: “cosa ci fai tu qua?”, “questo è il bagno delle femmine” e così via. Io risposi semplicemente che, come le avevo già detto, avevo impedimenti psicologici che non mi permettevano di cambiarmi nello spogliatoio maschile senza essere presa dal panico e che mi aveva autorizzato lei a cambiarmi in quello femminile. Lei negò che avesse mai acconsentito a una cosa del genere. Io risposi: “va bene! io, comunque, mi ricordo che lei disse questo” e me ne andai dentro la palestra. Giunta in palestra vi trovai raggruppate le due classi. La professoressa mi raggiunse e davanti a tutti i ragazzi cominciò a urlare cose come: “capisco che hai la tua età e c’hai l’ormone a palla però…” e a ribadire i concetti precedenti. Io, sempre più allibita, risposi che avrebbe potuto chiedere alle mie compagne ciò che aveva autorizzato, cioè che io potessi usare lo spogliatoio femminile e ognuna di loro le rispose che si ricordavano bene le sue parole. Finita questa discussione si sentì pure un commento da parte dell’altra docente riferendosi ai propri alunni “ma vi pare normale che i maschi utilizzino lo spogliatoio delle ragazze?” Al termine della lezione parlai con la professoressa dicendole che avremmo comunque potuto parlarne ma in privato e di certo senza 60 persone attorno che mi guardavano male.
Il tutto si è risolto con me in lacrime mentre chiamavo la mia psicologa e mia mamma che è dovuta venire a prendermi prima del termine della scuola. Dopo 10 giorni mia madre è riuscita ad avere un appuntamento con la Preside, la quale mi “ha concesso” l’uso del bagno dei professori e uno spogliatoio a sé stante.
Questa è solo la riprova di come lo stato italiano non tuteli le persone transgender e di come persino i professori non siano in grado di tutelare i loro alunni.