Il giorno 4 maggio 2021 si è svolto il primo incontro della rassegna “L’affermazione dell’identitá di genere dall’infanzia all’età adulta”. Il titolo di questo incontro è stato: “Bambinə gender creative dalla nascita alla preadolescenza”
L’incontro è stato organizzato da Camilla Vivian e Angela Ruocco, attiviste per i diritti dell’infanzia gender creative, insieme a Jiska Ristori e Alessandra Fisher rispettivamente psicologa e endocrinologa pediatrica della SOD complessa di andrologia, endocrinologia femminile e incongruenza di genere dell’ AOU Careggi di Firenze. Hanno partecipato 78 persone, sia transgender che cisgender, tra cui moltə pediatrə, psicologə, educatorə, attivistə e genitorə.
L’argomento dell’identità di genere, caratteristica pecualire di ogni persona, ma particolarmente sotto esame quando si parla di persone transgender, è stato affrontato principalmente da un punto di vista sociale e di relazione col mondo esterno. Sono stati trattati anche gli aspetti prettamente medici dell’adolescenza nel caso si proceda con una terapia che preveda i bloccanti della pubertà (triptorelina).
Vivian introduceva l’argomento parlando di quanto spesso la questione di una identità che non rispecchia quella che viene considerata “la norma”, venga vissuta dalla famiglia e dalla persona interessata come una questione assolutamente privata e un “problema personale” da risolvere. Vivian sottolinea invece quanto sia importante comprendere che il problema è sociale e tuttə devono farsi carico della propria parte di responsabilità affinché si possa arrivare tuttə a vivere in una società davvero inclusiva. La famiglia deve capire e accompagnare ə figlə ma educatorə, medicə, psicologə, la popolazione tutta devono essere istruitə rispetto alla varietà umana. Ristori sottolineava quanto sia fondamentale comprendere che qualsiasi identità, che sia cisgender o che sia transgender, è ugualmente valida.
Vivian successivamente rifletteva sulla differenza che fa per unə bambinə vivere in un ambiente familiare dove non esistono giochi da femmina e giochi da maschio e dove la famiglia incoraggi e sostenga la libera espressione – atteggiamento assolutamente corretto – rispetto al dire esplicitamente al bambino o alla bambina “sì, io vedo chi sei”. Accogliere e affermare l’identità della propria creatura infatti non è la stessa cosa che permettere di giocare o vestirsi come vuole. Ristori aggiungeva che, se in una prima infanzia è sicuramente importante favorire la libera esplorazione e creare intorno aə bambinə un clima di serenità, più avanti è necessario però affrontare la questione dell’identità vera propria. Ogni persona è differente e quindi ogni persona avrà tempi e modi suoi. Quel che è certo è che la nostra società ancora non è pronta per accogliere davvero bambinə gender creative e quindi bisogna lavorare su questo aspetto Vivian aggiungeva però che il fatto che la società non sia pronta non può diventare un problema della giovane persona che deve comunque poter essere se stessa. È necessario quindi un doppio lavoro che riguardi la giovane persona gender creative che non deve sentirsi isolata e tutto l’ambient esterno che deve essere informato e formato.
Ruocco raccontava la sua esperienza con famiglie che spesso lamentano il fatto che ə proprə figliə vengano seguitə attraverso percorsi psicologici che danno l’impressione di essere solamente un mezzo per allungare i tempi e per rimandare una possibile somministrazione dei bloccanti della pubertà.
Ruocco riportava i tre tipi di approcci che normalmente si hanno nei confronti deə bambini gender creative:
- approccio riparativo (o normativo)
- vigile attesa
- affermativo
Ristori sosteneva, insieme alla collega Fisher e ad altrə medicə presentə, che il primo tipo di approccio non è assolutamente etico nè più ammissibile e, qualora una famiglia si trovasse di fronte a psicologə/psicoterapeutə che suggeriscano di “riparare”, si debba denunciare immediatamente la cosa all’ordine. Ristori e Fisher affermavano che l’approccio che l’ambulatorio di Careggi segue normalmente non è quello di rimandare l’uso dei bloccanti, ma che anzi stanno iniziando a somministrarli sempre più in linea rispetto ai tempi raccomandati dalle direttive internazionali (scala 2 di Tanner).
Ruocco chiedeva quindi di specificare meglio quale sia il momento giusto per intraprendere la terapia e Fisher spiegava che per le bambine assegnate maschio alla nascita l’età puberale si stabilisce attraverso la misurazione dei testicoli, mentre per i bambini assegnati femmina alla nascita attraverso i bottoni mammari.
Vivian chiedeva se fosse possibile nello specifico descrivere la visita a cui vengono sottopostə ə adolescenti per stabilire l’età puberale e Fisher rispondeva che normalmente il primo incontro è conoscitivo e che se la persona non se la sente di affrontare la visita fisica si può rimandare alla volta successiva. Durante la visita viene chiesto di indossare vestiti leggeri in quanto vengono prese altezza, peso, e varie misurazioni delle parti del corpo: spalle, fianchi, addome ecc. Questo per vedere che evoluzione si ha nel tempo rispetto alla struttura corporea. Per procedere con la misurazione di bottoni mammari e testicoli ovviamente viene chiesto di togliere il binder se la persona ne indossa uno o di abbassare gli indumenti intimi per valutare la grandezza dei testicoli. Queste due misurazioni sono essenziali per poter valutare nella maniera più attendibile. Spesso sono momenti difficili per la giovane persona ma si cerca di usare tatto e empatia.
Vivian tornava sull’aspetto psicologico della crescita də bambinə gender creative e dei tipi di osservazioni che , negli anni sono stati suggeriti per valutare effettivamente se i comportamenti deə bambinə fossero riconducibili a una varianza di genere. Ricordava che la vigile attesa – approccio che suggerisce di non ostacolare ə bambini, ma nemmeno di far fare loro una transizione sociale – per molte famiglie significa solo un rimandare e non vedere e quindi lasciar spazio all’insorgere di problematiche psicologiche e sensi di inadeguatezza. Vivian diceva poi che anche il famoso approccio che dice che unə bambinə gender creative per esser tale deve essere coerente, persistente e insistente nelle sue manifestazioni è a suo avviso sbagliato. Questo perchè ogni persona ha una propria personalità e modalità di espressione e la timidezza o paura di unə bambinə non può risultare in una non veridicità del proprio sentire rispetto alla propria identità di genere. Ristori confermava quanto detto aggiungendo che infatti questi sono tutti approcci ormai considerati superati. Aggiungeva anche che non è più presente, nemmeno nel DSM V, la necessità di una sofferenza affinchè si possa stabilire l’identità di una persona; non solo, ma che non si deve nemmeno più stabilirla, perchè non si tratta più di valutare e diagnosticare essendo avvenuta una depatologizzazione.
Ruocco raccontava che sua figlia è stata la prima persona a cui in Italia sono stati somministrati i bloccanti. Era il 2014 e al tempo c’era ancora bisogno dell’intervento del comitato etico. Fisher descriveva la situazione attuale dopo che AIFA – l’agenzia italiana del farmaco – ha invece approvato l’uso di questo farmaco. AIFA ha stabilito che affinchè si possa procedere con l’uso della triptorelina si devono soddisfare certi criteri non solamente da parte della persona che deve assumerli ma anche da parte del centro medico che deve somministrarli, si tratta di centri multidisciplinari, con diverse figure di professionisti al loro interno. Vivian raccontava che succede spesso che le delibere, se da una parte autorizzano all’utilizzo e magari alla gratuità di un farmaco, come anche nel caso degli ormoni per la terapia cross sex, dall’altro creano una norma che finisce per complicare la possibilità di somministrazione del farmaco stesso. Creano infatti delle regole che ogni centro deve seguire per poter essere autorizzato alla somministrazione, condizioni che non tutti riescono appunto a soddisfare. Fisher confermava la cosa aggiungendo che secondo la delibera AIFA, infatti, un centro medico per poter prendere la decisione di somministrare la triptorelina a una giovane persona deve possedere un equipe multidisciplinare composta da unə endocronologə pediatricə, unə neuropsichiatra dell’infanzia, unə psicologə e unə bioeticista che nel caso di situazioni controverse interviene per valutare. Da qui l’impossibilità per molti ospedali di prescrivere questo farmaco.
Vivian domandava se è vero quello che si dice che un uso prolungato di Triptorelina può dar problemi di calcificazione ossea. Fisher rispondeva che se dati con le giuste accortezze e cioè controllando il livello di vitamina D e la non preesistenza di osteoporosi non ci sono problemi. Interveniva anche la pediatra Foglianese, dell’ospedale universitario di Bari, che confermava il fatto che i bloccanti della pubertà sono da anni tranquillamente somministrati per la pubertà precoce che è una patologia. Il fatto che l’argomento bloccanti usati per la pubertà atipica sia tanto controverso a livello sociale dimostra che la questione non è medica altrimenti le stesse questioni dovrebbero insorgere in tutti gli ambiti in cui vengono usati.
Ruocco descriveva l’importanza dei bloccanti della pubertà per fa sì che l’adolescente non senta la pressione del corpo che cambia e perchè debba ricorrere sempre meno alla chirurgia poiché non avendo sviluppato caratteristiche sessuali secondarie non dovrà rimuoverle. Questo, specificava sempre Ruocco, fa sì che l’uso dei bloccanti vada ad alleggerire i costi del Servizio Sanitario Nazionale. Ristori aggiungeva che è importantissimo l’aspetto psicologico nella terapia dei bloccanti. L’adolescenza infatti è il momento più difficile per le giovani persone transgender che vedono il proprio corpo cambiare. Sapere di non dover sopportare quella pressione e quella paura lə aiuta moltissimo. Anche se chiaramente, aggiungeva sempre Ristori, a un certo punto è una terapia non sufficiente in quanto ə adolescenti sentono la necessità della terapia ormonale che renderà il loro corpo in linea con quello dei loro pari.
Vivian spiegava quanto spesso l’attenzione venga messa esclusivamente sul corpo. Le stesse famiglie molto spesso pensano che lo step finale sia l’operazione, come se l’adeguamento fisico e il rientrare nel sistema risolvesse tutte le questioni. Sebbene ogni persona nel tempo deciderà per sè che tipo di percorso medico voglia intraprendere sia esso trattamenti ormonali e/o operazioni, bisogna cercare di togliere l’attenzione dal corpo perché corpo non equivale a genere. Anche questa non è ovviamente una regola valida per tuttə. Vivian diceva che nessuna storia personale fa letteratura perchè ogni storia è differente.
Una rappresentante dell’associazione Agedo domandava quanto la pressione sociale condizioni il desiderio delle persone transgender di “adeguare” i propri corpi. Vivian rispondeva che nelle società in cui si sta facendo un lavoro di informazione in cui si spiega che il corpo non rappresenta la tua identità di genere e che il tuo genere non dipende dal tuo organo sessuale, sempre più persone si sentono a loro agio con loro stesse e ricorrono sempre meno alla chirurgia.
Veniva messo in evidenza che molti degli argomenti trattati riguardavano persone che si riconoscevano nel genere opposto a quello assegnato alla nascita ma che esistono anche identità non binarie che sono altrettanto valide e che nei prossimi incontri si parlerà anche di queste. Le possibilità di esistenza infatti sono infinite e tutte valide e il lavoro sociale che va fatto è quello di scardinare il sistema binario che è un costrutto, risultato di questioni politiche che vanno ben al di là dell’identità di genere.