Molti ospedali italiani fermi al medioevo

Molti ospedali italiani sono fermi al medioevo e non sembrano minimamente interessati a aggiornarsi sul percorso di affermazione di genere almeno da quanto si deduce dai loro siti internet.

Il sito internet è un po’ il biglietto da visita dell’ospedale. È il luogo dove si arriva per cercare le prime informazioni, dove si capisce come muoversi e dove ahimè si apprendono le prime terminologie.

Cercando su Google sono arrivata alla pagina dell’Ospedale Niguarda di Milano.

Se cerco su Google solo “Milano” la prima cosa che mi viene fuori è: “Milano, capitale mondiale della moda e del design, è una metropoli del Nord Italia ed è capoluogo della Lombardia. Sede della Borsa Italiana, è un polo finanziario famoso anche per i ristoranti e i negozi esclusivi”.

Se cerco sempre Milano ma aggiungo Ospedale Niguarda e cerco il reparto che dovrebbe seguire il percorso di affermazione di genere, arrivo a questo:

Il “disturbo dell’identità di genere” è stato eliminato dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione (DSM-5), nel 2013. Siamo nel 2023. In dieci anni nessuna persona ha pensato che fosse il caso di aggiornare il sito?

Sempre molto sorpresa e incredula decido di cercare che cosa trovo e/o si dice negli altri ospedali italiani.

Il policlinico di Bari riporta la stessa dicitura “Day Hospital per i Disturbi dell’identità di genere” 
Il MIT di Bologna nonostante sia un consultorio in convenzione con la ASL di Bologna e una associazione che si occupa di diritti LGBTIQ+ dal 1979 parla ancora di “diagnosi differenziale”

Se cerco “incongruenza di genere” sul sito dell’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma non si trova alcun risultato. Ricordiamo che il Saifip che dovrebbe operare.. opera… collabora… lavora… (non so bene che verbo usare) come servizio apparentemente “dell’Ospedale San Camillo” è in realtà una associazione a cui il San Camillo offre “ospitalità” all’interno dei suoi spazi – correggetemi se sbaglio. Se andate sul sito del San Camillo e cercate “incongruenza di genere”, “disforia di genere” o direttamente “Saifip” non vi viene fuori nulla. Non esiste nemmeno più un sito del Saifip. Idem al Policlinico Umberto I.

Mi metto nei panni di una persona che cerca informazioni o supporto: o non trova nulla o trova informazioni obsolete e patologizzanti.

È inutile che vada avanti a farvi l’elenco. Potete fare anche voi una ricerca. Se trovate risultati differenti dai miei vi prego di segnalarmelo. Spero che lo facciate. Spero di essere stata io poco brava nel cercare. Perché la situazione così è davvero devastante. E mi domando: ma dove sono le associazioni, gli attivisti e le attiviste, le persone comuni, la protesta, la denuncia?

Ricordiamolo e ripetiamolo ogni giorno: questo è un problema politico e ogni persona deve cambiare atteggiamento.

L’unico ospedale in cui si trovano subito le informazioni e le diciture corrette – ricordiamoci che siamo comunque in campo medico – resta ad oggi l’Ospedale di Careggi.

One thought on “Molti ospedali italiani fermi al medioevo

  1. Il sito più completo in cui cercare informazioni in merito ai percorsi di affermazione è, ad oggi, http://www.infotrans.it, che raccoglie le strutture ospedaliere pubbliche dei vari centri di riferimento, tutte le associazioni che hanno aderito al monitoraggio dell’I.S.S. ed offrono servizi di supporto/accompagnamento/auto mutuo aiuto/ consulenze di professionisti di vario tipo alle persone trans *, il sito ha un glossario terminologico, nonché molte altre informazioni…
    A mio avviso, il focus della questione è differente: la quasi totale inesistenza di formazione al personale sanitario/tecnico/amministrativo che lavora negli ospedali (e negli Enti sanitari in toto) in merito ai percorsi di affermazione di genere e al diritto alla privacy, nonché, più basilare ancora, al diritto alla salute delle persone trans*. La maggioranza di noi nemmeno ci va a farsi visitare nel pubblico, e il privato in pochi possono permetterselo – e, pure lì, non è affatto scontato che si venga trattati con dignità e rispetto per la propria persona.
    La questione è molto più ampia – purtroppo – della modalità comunicativa dei siti istituzionali degli Enti sanitari, spesso obsoleta – concordo – tralasciando il fatto che la Sanità è in capo alle Regioni, per cui si hanno differenti trattamenti in base alla differente regione in cui si risiede o in cui ci si trova ad essere curati (nel senso più ampio della parola).
    Esempio: quanti operatori del 118 sono in grado di assicurare cure adeguate e privacy ad una persona trans* che ha un incidente ?
    Quanti medici cardiologi, urologi, chirurghi, ginecolog, etc. sono formati per evitare che chi necessita delle loro prestazioni non se ne scappi preferendo preservare la propria dignità piuttosto che preservarsi la salute? E al Comparto sanitario (infermieri, o.s.s., fisioterapisti etc.) la formazione quando la verrà fatta? Nel duemilamai?
    I nostri corpi hanno diritto alle cure così come ne hanno diritto i corpi delle persone cis, mi pare ovvio. Beh, spesso , neanche il minimo abbiamo e ci si deve sempre ‘armare di santa pazienza’ per spiegare passo passo anche cosa sia un percorso di affermazione di genere.

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