Il senso politico del suicidio di Cloe Bianco

Cloe bianco

Chi meglio di chi vive tutti i giorni sulla propria pelle la realtà di avere una identità non prevista dalla nostra società può capire e parlare riguardo a quanto successo a Cloe Bianco?

Quelle che seguono sono le parole di una persona come lei che in maniera diretta riportano tuttə noi ai nostri doveri come membri di questa società che deve essere cambiata.

“Oggi ho voluto per curiosità leggere qualche commento sotto alcuni post sul caso Cloe Bianco pubblicati, nello specifico, da persone e associazioni LGBTQIA+ e ho pensato che non c’è da stupirsi se le persone trans fanno una brutta fine, in questo “bel” Paese.

Non che io mi stupisca, ma è davvero interessante notare come le persone – probabilmente anche e soprattutto LGBT+ – che seguono e, presumo, frequentano associazioni e circoli LGBT parlino tanto e si sprechino in lunghi pistolotti quando non sanno NULLA delle persone trans.
Non sanno cosa significa essere persone trans, definite (ma ancora?!)  “i trans” o “transessuali” ovviamente riferendosi alle solite donne transessuali e le altre categorie, come sempre e pur facendo parte della comunità trans come è stato detto e ribadito mille volte, neanche esistono, non le conoscono: non pervenute.

Non sanno come le persone trans vivono o si comportano, scrivendo che la signora poteva “non andare a scuola travestita” – come se vestirsi con abiti del genere di riferimento o, insomma, vestirci come stracazzo ci pare – fosse un “travestimento”, come quando a carnevale ci vestiamo per ridere da suora o da Topolino o da Zorro. Oppure dicendo che “poteva andare vestita in modo meno esagerato”. Perché, alla fine, come la giri la giri tutto quello che noi facciamo viene obbligatoriamente messo sotto una lente e minuziosamente analizzato e criticato e finisce con l’essere “esagerata” qualsiasi cosa, tanto per il gusto di rompere e di relegarci nell’ambito del grottesco e del ridicolo.

Non sanno minimamente in cosa consista il cosiddetto “percorso” di transizione medicalizzato: per queste belle persone Giampierpino si sveglia Lunedì e decide che vuole essere donna e Venerdì è in volo per Casablanca per il “cambio di sesso” dove, dopo un breve procedimento “svita-avvita”, è “diventato donna” e può, quindi, essere presentato alla società senza turbare nessunə. Qualcuno ha scritto che Cloe poteva “mettersi in malattia” e poi tornare a insegnare “una volta completato il percorso” che è un po’ come completare una torta con tutte le decorazioni così è poi pronta da mangiare, come se fosse un processo industriale di “fabbricazione dell’essere umano” a uso e consumo altrui.

Le transizione non medicalizzate, quelle fatte solo in parte o un po’ interrotte e poi riprese, quelle con microdosi o interventi minimi anche loro non sono contemplate e non esistono.

Non sanno cosa sia l’identità di genere – puntualmente definita “gusti sessuali” come se fossimo in un pornoshop – o cosa voglia dire “sessualità” confondendola con l’orientamento e facendo paragoni con amici e conoscenti “omosessuali” quando si sta parlando di una donna trans.

Beh, vi svelo un segreto: le donne trans hanno veramente poco o nulla a che fare coi maschi cisgender gay, quindi smettete sempre di paragonare le persone transgender ai maschi omosessuali che, tra l’altro, sono spesso e volentieri quelli che più ci schifano e cercano di tenerci lontano da attivismo e associazionismo.

Dunque questi sono i commenti, le “riflessioni” e i botta e risposta spesso con “spiegazioni” fatte a chi non sa nulla da chi ne sa ancor meno, creando così confusione nonché fastidio nelle persone T che, giustamente, finiscono col reagire con stizza e in modo seccato. Anche perché parlate sempre voi.

Non voglio fare il processo o la correzione al linguaggio perché ha anche rotto le scatole, ma sottolineare come taluni modi di esprimersi siano sintomatici di un determinato pensiero e di una assoluta mancanza di volontà di modificarlo.

Mi agghiaccia che, come sempre, tutte queste belle persone non capiscano quale sia il punto chiave del problema: cioè che non possono permettersi di scollacciarsi in chilometri di edificanti consigli o critiche su cose che NON CONOSCONO e, soprattutto, che NON LE RIGUARDANO e che dovrebbero solo tacere e lasciare parlare noi, perché noi sappiamo di cosa stiamo parlando.

Inoltre questo continuo “cisplaining” che fate anche post-mortem è stupido, arrogante e violento. Come lo siete voi.

Ieri sera ho cominciato a leggere un po’ il blog di Cloe e ho scoperto – e la cosa non mi ha affatto stupito – che è pieno di riferimenti tecnici soprattutto legali e che Cloe aveva le idee MOLTO CHIARE su cosa significa essere non solo trans, ma soprattutto “cittadinə trans” e “persona trans” e, infatti, così si chiama il suo manifesto: PER(sone)TRANS(genere). Era decisa, preparata, autodeterminata.
Eppure i media – di settore e non – e le varie associazioni che, notoriamente, di noi persone trans se ne battono le palle se non per spillarci soldi e farci fare “percorsi” vari a pagamento o nei “transifici” dove lavorano loro o amici loro, non hanno speso molte parole su questo aspetto, insistendo invece sul solito senso di solitudine, di sofferenza e di abbandono che sicuramente erano un aspetto della persona e della vita di Cloe, ma non certo l’unico. Di tutto il resto, degli approfondimenti che aveva fatto, delle criticità che aveva evidenziato e delle sue importanti rivendicazioni politiche quasi nessunə si è interessatə, forse perché ciò non suscita commozione e un dispiaciutissimo “poverino”, chiamandola sempre al maschile.
Si parte sempre dal presupposto che le persone trans siano sì molto sensibili – anche a causa degli ormoni che per molti fanno l’effetto delle somministrazioni farmacologiche del progetto MK Ultra facendoti uscire totalmente di testa – ma soprattutto ingenue e totalmente deficienti. Inebetite dalle loro idee strampalate non sanno ciò che fanno e vanno, quindi, costantemente seguite e affiancate da un punto di vista medico, psicologico e legale in qualsiasi loro azione e interazione sociale, senza sapere che in buona parte dei casi quando ci rechiamo presso un* medicə/psicologə/legale siamo NOI a dover spiegare le basi a gente totalmente impreparata e che ha pure la presunzione di insegnarci chi siamo e come si vive.

A tal proposito molte persone si sono giustamente chieste dove fossero le istituzioni e le associazioni preposte a seguire casi come quello di Cloe e questo è il terzo punto dolente in questa brutta storia.
Associazioni ed enti preposti, infatti, esistono e sono anche disposti a prenderti in carico – gratuitamente laddove i costi sono coperti e/o a pagamento – ma solo se ti comporti da bravə bambinə accettando ciecamente regole e protocolli stabiliti da persone non trans che ti impongono come vivere la tua identità e la tua vita. Avanzare critiche o richieste o mettere in dubbio la validità della rigida procedura TSO (perché quello è) con psicologə che attesta che sei malatə di disforia e poi ormoni, avvocatə, tribunale che certifica di nuovo che tu sei proprio “così”-e poi ancora cambio di documenti/operazioni, ecco se tu non accetti queste cose, con questi tempi (biblici), in quest’ordine e con queste modalità di solito non sei persona gradita.
Perché in questo Paese chi non piange in silenzio nella cameretta su “corpi sbagliati” (anche questo è stato un aspetto messo molto in evidenza dopo la morte di Cloe Bianco) aspettando il giorno dei giorni è “scassaminchia” e pericolosə e, quindi, da zittire e annientare il prima possibile.

 

La morte di Cloe, dunque, rappresenta davvero il fallimento dello Stato e di una “comunità” in cui io e come me molte altre persone non hanno più fiducia e tendono, quindi, a isolarsi e ad allontanarsi perché per quanto tu studi, dica e faccia, rimani sempre “uno stupido trans” e nulla cambia in un immobilismo legislativo, sociale e culturale che si è ormai tragicamente trasformato in arretratezza.

Il suicidio di Cloe Bianco non è solo la morte di “una trans” piagnona che si disperava per la propria bruttezza chiusa nel suo camper su cui riversare il nostro ipocrita e ignorante pietismo. È piuttosto un gesto politico, la fine di una voce forte capace di rivendicare la propria autodeterminata libertà e che noi non siamo statə in grado di accogliere adeguatamente.

Chi volesse leggere il blog di Cloe e il suo manifesto – cosa che vi invito a fare, così magari vi capita per sbaglio di imparare qualcosa – può farlo cliccando il link qui sotto:
https://personetransgenere.wordpress.com/azioni/il-manifesto-pertrans/

Cosmo Giulia

 

One thought on “Il senso politico del suicidio di Cloe Bianco

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